In questo giorno, durante la Serenissima, si svolgeva una processione
solenne che dalla Basilica di San Marco percorreva il perimetro della
Piazza.
Come attesta il dipinto del Bellini il rito era tanto sfarzoso quanto
religiosamente sentito. Alla testa c’era il Patriarca con il
Santissimo seguito da Doge, Signoria, Magistrati, Senato, Scuole Grandi
e dal popolo. La processione, che sfilava sotto a tendoni fastosamente
ricamati, era accompagnata dai canti della Cappella Marciana con trombe
ed altri strumenti musicali. Nel pomeriggio la processione veniva
ripetuta nella chiesa del Corpus Domini (abbattuta
nell’Ottocento, assieme a quella di S. Lucia, per far posto alla
Stazione ferroviaria) dove il Santissimo rimaneva esposto per otto
giornate. Nei giorni seguenti la processione veniva replicata nelle
altre parrocchie della città.
Nello Stado da Tera ed in quello da Mar la processione si celebrava
nelle città in modo simile a quello della capitale, mentre nelle
campagne il rito aveva una sua propria fisionomia. Data
l’estensione territoriale la cerimonia procedeva attraversando le
strade principali e le fattorie, dove agli ingressi si allestivano
degli archi con rami di salgaro (salice) rivestiti di fiori (rose,
margherite, papaveri), mentre sui balconi delle case erano stesi i
covertori (copriletto) che erano ricamati con i simboli del calice e
dell’Ostia santa. La processione, dopo messa, usciva di buon
mattino dalla chiesa del paese con alla testa i bambini vestiti di
bianco con cestini a tracolla ricolmi di petali di rosa che gettavano
lungo il percorso dove il corpo di Gesù stava avanzando. Dietro
ai bambini c’erano gli uomini, poi i giovanotti, le ragazze in
bianco, le donne, le nonne con il rosario. Tutti procedevano a due a
due, sotto l’attenta supervisione del Masaro della scuola del
Santissimo in abito da cerimonia. L’ostensorio era portato dal
Parroco, che procedeva sotto ad un baldacchino sostenuto da quattro
incappucciati confratelli della Scuola del Santissimo. Il rito era
accompagnato da canti ed in alcuni casi, come ad esempio a Burano,
anche da strumenti musicali. La processione, dopo aver attraversato il
territorio parrocchiale, si fermava sulla croxera principale (incrocio)
dove era stato allestito un altare e dove veniva impartita la solenne
benedizione a tutti i partecipanti e tutto l’ambiente
(campagne, case, stalle, animali, coltivazioni).
Al giorno d’oggi le processioni vengono ancora svolte, sia
pure in tono più dimesso, meno partecipato e rimanendo
all’interno della chiesa o al massimo fuori sul sagrato. Frutto
dei tempi mutati e di un mal inteso convincimento “laico”
che ritiene più corretto relegare le funzioni religiose sempre
più all’interno delle chiese.