FESTA DEI MATRIMONI
Il 31 gennaio, anniversario della traslazione del corpo di San Marco, era usanza antichissima (almeno fin dal VII
sec.) a
Rivalta
(come allora si chiamava Venezia) celebrare matrimoni collettivi presso
la Basilica di San Pietro di Castello. Questa tradizione si
trasformò nei secoli in una opera di carità nei confronti
di ragazze, scelte tra le più povere, virtuose e belle della
città, alle quali venivano regalate delle
“dote” affinché potessero sposarsi.
IL FATTO
Nel 943, al tempo del dogado di Pietro III Candiano, durante le
celebrazioni del matrimonio, irruppero in chiesa dei pirati narentani
che rapirono le spose con tutti i gioielli della dote, custoditi da
ciascuna di loro in cassette decorate, chiamate
arcełe.
Passata l’iniziale incredulità, confusione e
costernazione, alcuni valorosi veneziani organizzarono una spedizione,
con alla testa il Doge, per inseguire i pirati. La spedizione di barche
raggiunse i pirati presso Caorle, dove, dopo una brevissima battaglia
furono tutti uccisi, e salvate le dodici fanciulle con i loro preziosi
carichi. Il Doge stabilì che il luogo del cruento episodio si
chiamasse
Porto delle Donxełe, nome tutt’ora esistente.
LA FESTA DELLE MARIE
In memoria della vittoria avvenuta il 2 febbraio si istituì la
Festa delle Marie, la quale si aggiunse alla ricorrenza della
Purificazione di Maria
che era festeggiata nella chiesa titolare di S. Maria Formosa. La
preparazione della festa iniziava con la selezione di dodici tra le
più oneste e belle giovani di Venezia, scelte in numero di due
per ogni sestiere e ribattezzate per l’occasione
Marie
(in onore all’esempio di Maria). Le famiglie nobili veneziane
erano invitate a fornire alle fanciulle le vesti, gli addobbi e i
gioielli per renderle ancora più principesche. Le Marie, di buon
mattino salivano su piccole imbarcazioni riccamente addobbate e si
recavano a S. Pietro, dove il vescovo dopo la Messa solenne usciva a
benedirle, per scortarle, con preti, confraternite, frati attraverso il
rio delle Vergini fino a San Marco. Durante questo percorso era
d’uso svolgersi anche una regata (probabilmente la prima), tra i
sestieri dai quali provenivano le ragazze. Le ragazze sbarcavano a San
Marco, entravano nella basilica, dove le aspettavano il Doge ed il
Primicerio (il Vescovo della basilica), qui si svolgeva una messa
solenne cantata dove le ragazze ricevevano le candele (
łe cerinołe)
benedette. A conclusione della cerimonia il Doge e la Signoria salivano
sul Bucintoro, le Marie sulle loro imbarcazioni, seguite da un
festoso corteo di altre barche che, accompagnate da suonatori e
cantanti, percorrevano il Canal Grando. Il loro tragitto era seguito da
gente accalcata sulle rive, le case, le barche parate a festa lungo il
tutto il
Canałaso. Il corteo,
oltrepassato il Ponte di Rialto, si dirigeva lungo il rio del Fontego
dei Tedeschi e arrivava alla Chiesa di Santa Formosa, che allora
era l’unica chiesa della città dedicata alla Madre di Dio,
sotto i cui auspici era stata riportata la vittoria. Celebrata una
messa di ringraziamento alla Madonna, la festa continuava con balli,
musiche e rinfreschi organizzati dai cittadini. Avvicinarsi alle Marie
era considerato di buon auspicio ed un’occasione per veneziani e
stranieri di vedere da vicino delle donne meravigliose (proprio come
oggi vedere attrici e modelle famose). Le ragazze indossavano
vesti rare, costitute da stoffe pregiatissime, arricchite con
gioielli e perle preziose e tutte volevano ammirarle, tanto che per
poter soddisfare la curiosità di tutti, la ricorrenza si
dilatò a nove giorni. I costi a carico dello Stato e delle
famiglie nobili, però, diventarono ogni anno sempre più
insostenibili, tanto che dopo esperimenti, iniziati nel 1272, di
riduzione del numero delle Marie, fu deciso di sostituire le ragazze
con delle figure simboliche di legno. Questo provvedimento fu preso,
però, soprattutto perché la festa era diventata solo un
pretesto per vedere delle rare bellezze femminili, piuttosto che
seguire le funzioni religiose. La variazione non fu bene accolta, e
portò alle proteste dei cittadini, che iniziarono ben presto a
bersagliare i modelli con sassi ed ortaggi, tanto che nel 1349 venne
varata persino una legge che vietava il lancio di oggetti contro le
sagome delle Marie. Per l’occasione il popolo coniò
l’espressione
Maria de toła
(Maria di tavola), utilizzata ancor’oggi a Venezia per indicare
un tipo di donna fredda, acida e senza seno. Sembra che il termine
“
Marionetta” derivi dai piccoli fantocci di legno detti “
Marie de łegno”, o
Marione (quelle più grandi), ispirate alle Marie de toła, le quali erano regalate ai bambini.
In conseguenza di questa modifica progressivamente la Festa delle Marie
cadde lentamente in disuso e fu soppressa nel 1379, epoca della guerra
di Chioggia. L’unica cerimonia ufficiale, rimase l'annuale visita
del Doge alla chiesa di Santa Maria Formosa nel giorno della
Purificazione della Vergine. La festa delle Marie fu ripresa circa
seicento anni dopo durante i carnevali degli anni ‘90, sia pur
realizzata in forma ridotta, con varianti e senza la cerimonia
religiosa.
Un ricordo di questa festa si trova nel canto del popolo veneziano di
Jacopo Vincenzo Foscarini (detto el Barcariol), poeta del ‘700,
con questa
viłota veneziana:
L’ano in
dodexe mexi xe
divixo;
Xe dodexe a Venesia
łe
Marie;
Col Anxoło łe vien
dal
Paradixo,
Come l’ano col sol, dal sol vestie.
LA SCHOLA DE ŁI CASEŁERI
Nella festa delle Marie grande importanza ha avuto la corporazione di
mestiere dei casselieri - Arte de łi Casełeri – che è la
più antica confraternita di Venezia, la cui prima Mariegoła
(Statuto) risalirebbe al 933 d.C. Questa associazione contava fin dagli
inizi oltre 400 aderenti. I casełeri fabbricavano piccoli manufatti di
legno come: stipetti, casse per merci (sale, spezie, grano) e
contenitori per corredi nuziali, detti arcelle. Essi furono tra i
protagonisti dell’evento dello sposalizio delle ragazze, non solo
perché confezionavano le arcelle, ma anche perchè furono
tra i primi a soccorrere le Marie. Il Doge per ringraziare i casełeri
li invitò a chiedere qualsiasi tipo di ricompensa. Si dice che
essi chiedessero al Doge: Ke el venise a far visita granda a Maria
Formoxa ogni Ano nel dì de la Festa. Il Doge avrebbe risposto: E
se fuse par piovar ? I casełeri avrebbero risposto: Nu ve daresimo un
capeło par coverxarve! Il Doxe avrebbe controbattuto: E se gavesimo
sé ? I casełeri gli avrebbero controrisposto: Nu ve daresimo da
Bevar ! L’episodio non è altro che una rievocazione dei
doni che il Doge riceveva prima di entrare nella Chiesa di S. Maria
Formosa, dove i casełeri avevano allora la loro sede. L’omaggio
consisteva, infatti, in un cappello di paglia, un fiasco di vino
Malvasia ed alcune arance, portati su un vassoio di paglia.
Fabio Bortoli
Testi consultati:
Marina Crivellari Bizio – Campi Veneziani – Filippi editore
Venezia, Venezia
2009
Giuseppe Tassini – Feste e spettacoli - Filippi editore
Venezia, Venezia 2009
Giustina Renier Michiel – Origine delle feste Veneziane – Filippi Editore Venezia, 1994