Non ci è dato di sapere se fin dai tempi remoti - com'è
nell'attuale costume - nel falò si bruciasse la
vècia/vecchia, che nella lingua veneta è chiamata
Maràntega (mare antiga = madre antica), oppure Redodexa o nelle
nostre isole Veròla. Essa rappresenta Reitia - la dea della
Terra a conclusione del ciclo delle stagioni - ormai vecchia; dopo
esser stata ridotta in carbone e trasformata perciò in energia,
rinascerà a primavera nuovamente bella, giovane, pronta a
regalare i suoi doni. L’usanza si è mantenuta anche nei
campi di Venezia almeno fino alla fine della Serenissima. Un dipinto di
Gabriel Bella del 1792 descrive la Sagra de la Vecia in Campo San Luca.
Sullo sfondo si vede un palco con un fantoccio di vecchia a grandezza
naturale sorvegliata da due guardie. La Vecia veniva processata per le
malefatte dell’anno trascorso, al fine del quale, nonostante la
difesa di un avvocato, era condannata ad essere segata in due ed infine
bruciata. Dal taglio uscivano dolci, frutta, confetti, fiori che
venivano raccolti dai bambini e dai presenti. Nel corso della festa
erano allestiti banchetti con frittelle, vino ed altre leccornie, con
giochi vari che rinnovavano, per un giorno, l’allegria
carnevalesca. Questa festa interrompeva i rigidi digiuni che allora
venivano fatti durante la quaresima. La "vecia" rappresenta tutte le
miserie della stagione trascorsa (fame, disgrazie, malattie,
ingiustizie), insomma il rifiuto di un passato negativo e l' augurio di
un futuro promettente per la campagna e per la vita. L’usanza
è rimasta in vita fino ai giorni nostri a Malamocco (seconda
sede del Dogato Veneto) e nelle campagne del triveneto. Il falò
serviva a bruciare con la Vecia anche i “cai” delle ultime
potature dei vitigni per scongiurare le gelate di primavera e liberare
i campi dalle sterpaglie, prima dei lavori della bella stagione. Dagli
anni ’60 questa remotissima festa ha ripreso nuovo vigore
adeguandosi ai tempi. È stato,infatti, pressoché abolito
l’uso del banditore sostituito da annunci mortuari affissi nei
principali luoghi pubblici dei paesi. Le epigrafi, listate a lutto,
sono delle parodie degli avvisi funerari riproducenti le
generalità della Vecia con i capi di imputazione, il luogo e
l’ora del processo.
Maria Rosaria Stellin Il Calendario Veneto
Emanuele Bellò, Franco Crespan Tradizioni popolari trevigiane di Quaresima: Brusar la Vecia
Marina Crivellari Bizio Campi Veneziani, storia e segreti dei campi veneziani – Filippi Editore Venezia