I festeggiamenti con l’accensione di fuochi, nella notte tra
il 23 ed il 24 giugno, era una usanza remotissima nelle terre Istro-venete:
sugli altipiani, sulle alture dei castellieri, nelle valli fluviali, nelle
isole litoranee. Si celebrava il dio Sole, all’inizio dell’estate per
propiziarsi la forza, augurargli di ardere e di inondare di calore la terra,
fondamentale per la vita e la fecondazione della natura. Allora si pensava che
con la maturazione delle coltivazioni, l’esplosione della vita in tutte le sue
forme, maturassero anche le perfidie degli spiriti maligni. Si considerava che essi,
come gli uomini, amassero fermarsi agli incroci delle vie e dei sentieri
campestri, per progettare azioni malefiche. In queste occasioni si accendevano
perciò dei grandi falò, i quali rimanendo accesi fino a tarda ora, servivano a
bruciare gli spiriti malvagi. Durante il rito la gente saltava attraverso il
fuoco, vi ballava attorno, cantava con gioia per festeggiare la vittoria del
bene sul male. Tale differenza (iscritta nel cuore di ogni uomo da Dio) era ben
presente in quel tempo; gli uomini non erano ancora obnubilati dagli odierni
falsi messaggi relativistici!
Questi festeggiamenti sono perdurati anche con il
cristianesimo, per la coincidenza della data con gli antichissime funzioni legate
ai solstizi. Questi giorni sono stati poi cambiati con il Natale e con quello
dedicato a S. Giovanni Battista. Tutte e due le date risultano del resto
appropriate, rappresentando il Natale la nascita sulla terra di Dio equivalente
alla (ri)nascita del sole, mentre il giorno di Giovanni era corrispondente al
citato culto del fuoco, il Battista, infatti, assicurava che “egli vi
battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
La festa un tempo aveva la stessa importanza del Natale di Gesù ed il 24 giugno
si celebravano addirittura tre Messe, come a Natale, compresa quella di mezzanotte,
celebrazioni precedute dall’accensione di grandi falò, ricordati anche da S.
Agostino (354-430). Questo uso è continuato almeno fin agli inizi del Novecento
nei precedenti territori della Serenissima.
Ad Asiago, nel Bellunese, a Verona, a Venezia città, l’uso
dei fuochi era ricordato a metà Settecento dal Coronelli, il quale
testimoniava: “Sia alla vigilia che alla sera della festa… si fanno fuochi ed
allegrezze per la città” (di Venezia).
San Giovanni era venerato in tutte le chiese del Veneto,
nella basilica di San Marco si conserva ancora il cranio e la pietra sulla
quale fu decollato (degolà) provenienti da Costantinopoli. Si rammenta che a
Damasco c’è la basilica dove fu deposto il corpo del Battista, il quale fu poi
trasferito a Costantinopoli per evitarne la profanazione da parte degli
islamici. I musulmani hanno trasformato questa chiesa in moschea, che oggi
spacciano quale primo grandioso tempio islamico edificato da un architetto
siriano e che servirà da modello a tutte le moschee seguenti.
In questo giorno a Padova, in Prà della Valle, ragazzi e ragazze si lanciavano fiori in una specie
di festosa battaglia. Nel Trevigiano e
nel Vicentino le campane, almeno sino alla metà del 600, risuonavano per tutta
la notte. In Cadore, è attestato sino alla fine del 800, la perpetuazione
dell’antichissimo rito del battesimo della Redodéxa,
maga e malefica Befana. Si dice che essa si presentasse a S. Giovanni e gli chiedesse:
Duan, Duan (Giovanni, Giovanni)
Batedime sto an. (Battezzami quest’anno)
Il santo, che non intendeva accontentarla, le rispondeva:
Madona
Un altran !
La festa serviva nel Triveneto, anche per trarre alcuni pronostici
meteorologici, i cui detti segnalavano le probabilità del loro
accadimento.
£a vixilia de San Jovani, piove tuti ³i ani.
Questa era pioggia buona, mentre quella del giorno del santo era ritenuta dannosa.
Se piove el dì de San Xuane
carestia de sorgo e de cane.
La pioggia poteva causare pure danni a vegetazione e terreni.
Se piove el dì de S. Xuane
³e cuke (noci) sbuxe e ³e noxe³e vane.
Se piove el dì de San Duane
el fas ledame. (detto cadorino)
Giovanni Battista è l'unico santo, oltre la Madre del Signore, del quale
si celebra la nascita ed il giorno della rinascita in cielo (morte terrena).
Egli è, inoltre, il santo più raffigurato nell’arte di tutti
i secoli grazie al fatto di condensare in sé quasi tutti i grandi caratteri che
identificano la santità: parente di Gesù e suo precursore, ultimo dei grandi
profeti d’Israele, primo testimone-apostolo di Gesù e suo battezzatore,
eremita, predicatore e trascinatore di folle, fondatore del Battesimo (da qui
l’aggettivo Battista, Tita in lingua
veneta) di perdono dei peccati, martire in difesa della legge giudaica.
Fra i nomi maschili, Giovanni è il più diffuso nel mondo
(usato nelle derivazioni femminili Giovanna, Gianna) e tradotto pressoché in
tutte le lingue. Già all’epoca Giovanni era un nome molto conosciuto,
nell’ebraico Iehóhanan, significava: “Dio è propizio”.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (28-29 d.C.), il
Battista iniziò la sua missione lungo il fiume Giordano, con l’annuncio
dell’avvento del regno messianico ormai vicino, esortando alla conversione e predicando
la penitenza. Con il battesimo di Gesù nelle acque del Giordano San Giovanni
conclude la sua missione e lascia il
testimone a colui al quale “non sono degno neppure di calzare i sandali”.
Dopo la morte i suoi discepoli Andrea e Giovanni diventarono
apostoli di Gesù.