8 Gennaio
Lorenzo nacque a Venezia il 1 luglio del 1381 dalla nobile famiglia
Giustiniani, dalla quale ricevette un’attenta educazione.
Deludendo le attese della madre, rimasta vedova con cinque bambini in
una grande casa nobiliare veneziana, si fece monaco. A 19 anni
andò nel convento degli Agostiniani a S. Giorgio in Alga,
introdotto dallo zio materno Marino Querini. Un amico che si era recato
nel convento per persuaderlo a far ritorno in famiglia, decise, invece,
di seguirne immediatamente l'esempio, facendosi frate. Lorenzo, vestito
dell'umile saio del frate mendicante, andava di porta in porta a fare
la questua, arrivando persino fino a casa propria! La madre, una
piissima donna, soffrendo al pensiero che la gente potesse riconoscere
suo figlio sotto quelle vesti lacere, per affrettarne il ritorno in
convento mandava i domestici a riempire di pani la sua bisaccia,
purché se ne andasse il più presto possibile. Lui,
però, accettando soltanto due pani, ringraziava e continuava a
mendicare. Il confratello che lo accompagnava e che avrebbe voluto
evitare le case dalle quali provenivano solo insulti, era così
redarguito da Lorenzo: «Non abbiamo rinunciato al mondo soltanto
a parole. Andiamo a raccogliere anche il disprezzo! ».
Per san Lorenzo l’umiliazione del chiedere elemosina aveva valore
di "vittoria sopra sé stessi". Lorenzo aveva scarse doti di
oratore, che compens
ava
efficacemente con l’esempio continuando a vivere in
povertà, girando tra la gente con saio e bisaccia e mettendo per
iscritto le sue assidue meditazioni.
Egli scriveva, sia per i dotti, sia per gli ignoranti, trattati
teologici e opuscoletti popolari, offrendo a tutti una guida per un
cambiamento personale nella fede e nel pratica della carità.
Spingeva i fedeli a recuperare il senso di comunione con tutta la
Chiesa, animava la fiducia nella misericordia di Dio, piuttosto che il
timore per la sua giustizia.
Nelle lettere pastorali e negli opuscoli, condensava in brevi aforismi il frutto di tante meditazioni:
«
Chi non utilizza il Signore quanto più gli è possibile,
mostra di non
apprezzarlo».
« Un servo del Signore evita anche le piccole mancanze, perché la sua carità non si raffreddi».
«Dobbiamo evitare gli affari troppo complicati; nelle complicazioni c'è sempre lo zampino del diavolo ».
Nel 1433 è nominato vescovo, nonostante il tentativo di evitare
l’incarico adducendo stanchezza e la difficoltà del
compito. Il papa Eugenio IV (il veneziano Gabriele Condulmer),
però, che conosceva benissimo Lorenzo non diede affatto retta ai
suoi pretesti. Eccolo perciò vescovo “di Castello”,
(l’antica isola di Olivolo) dove iniziò la riforma, con
zelo apostolico, della sua diocesi. Nel 1541, poi, quando papa
Niccolò V soppresse l’ormai esiguo patriarcato di Grado,
riunendo le due diocesi, consegnò a Lorenzo Giustiniani il
titolo di patriarca di Venezia, il primo della città.
Il doge Francesco Foscari diceva che il solo uomo col quale avrebbe
scambiato la sua anima era il vescovo Lorenzo Giustiniani. A sua volta
il primo patriarca di Venezia, affermava che il mestiere di doge era un
gioco in confronto a quello di vescovo, per gli òneri che la
guida delle anime comportava.
Lorenzo Giustiniani, anche da patriarca, non mutò tenore di
vita, nemmeno esteriormente. Visitava egli stesso i poveri della
città, distribuendo non denaro, ma alimenti e vestiti,
perché il frutto della carità non prendesse altre vie.
Proseguì con rigore nell’opera di riforma, inimicandosi
qualche volta il Senato della Serenissima, altre volte i preti, ma
affascinando la gente veneziana, che già lo considerava santo.
Abituato a dure penitenze, quando, ormai vecchio e malato, cercarono di
sostituirgli il pagliericcio con un letto di piume, egli
protestò: « Cristo morì sulla croce e io dovrei
morire su un letto di piume? ».
Morì l'8 gennaio 1455, dopo che per due giorni l'intera
città sfilò dinanzi al suo letto di moribondo. Egli
espresse il desiderio di essere sepolto nel piccolo cimitero del
vecchio convento di S. Giorgio in Alga, ma i veneziani, che per
sessantasette giorni furono costretti a lasciare il suo corpo esposto
alla venerazione dei fedeli, lo seppellirono con tutti gli onori nella
chiesa di San Pietro in Castello. Lorenzo Giustiniani sarà
canonizzato, nel 1690 da papa Alessandro VIII (il veneziano Piero
Ottoboni), anche se la pubblicazione ufficiale avverrà soltanto
nel 1727, con papa Benedetto XIII.
Le opere di San Lorenzo
Lorenzo fu un perfetto uomo di governo, sensibile a tutti i bisogni del
suo tempo, disponibile con tutti e per tutti. Aveva un'attenzione molto
particolare per i poveri, fino a contrarre per essi dei debiti senza
avere altra garanzia per pagarli che la sua fede nel Signore. Tanta era
la sua fama tra il popolo e tra i prelati della Chiesa che il papa
Eugenio IV quando lo incontrò a Bologna nel 1434 lo
salutò: «Salve decus et gloria praesulum».
Celebrò un sinodo, istituì un collegio di chierici
poveri; risanò monasteri decaduti, intervenne a tutela
dell’ortodossia; caldeggio la prassi della celebrazione
quotidiana della messa. La stessa cura per la chiesa di san Pietro di
Castello, la impiegò in tutte le altre chiese, tanto che in
quelle dove prima si celebrava appena la messa, diventarono quasi delle
cattedrali. Promulgò il
Synodicon,
una raccolta di leggi precise per la disciplina del clero.
Vigilò assiduamente su conventi e monasteri, facendo in modo che
non dovesse loro mancare niente, sia per quanto riguardava i bisogni
materiali, sia soprattutto per la disciplina canonica. Al termine del
suo episcopato i monasteri, che erano venti, diventarono trentacinque.
Pretendeva che ogni parroco rendesse conto a lui personalmente del
proprio operato. Incredibile era l’affluenza quotidiana di
persone sofferenti e sfiduciate, che si recavano da lui per ricevere
consolazione, aiuto, preghiera, consiglio. Nei suoi scritti risalta
l'idea della Sapienza Eterna, elemento dominante della sua mistica. La
Sapienza guida l'uomo al vertice della perfezione interiore e, quindi,
lo accompagna nella vita comunionale. Lo scopo di San Lorenzo non era
l’“opera buona” in sé, ma addirittura, la
rigenerazione della Chiesa attraverso la riforma personale di ciascun
chierico e di ciascun laico. Il primo passo verso il rinnovamento di
ognuno, passava attraverso la meditazione, la preghiera, lo studio,
l’austerità. Di lui ci restano una quarantina di sermoni e
quindici opere scritte tra il 1419 ed il 1455, poche righe ma
sufficienti per classificarlo tra i vescovi che contribuirono alla
riforma cattolica.
I Canonici Secolari di San Giorgio in Alga/San Xorxi in Ałega
La nuova congregazione dei Canonici Secolari di san Giorgio in Alga,
nata a Venezia agli inizi del Quattrocento, si inserisce nel solco
della riforma della chiesa cattolica, concepita come un ritorno alla
regola primitiva (alla Chiesa delle origini). Tutto nacque da un
piccolo gruppo di
nobilhomeni
veneziani che iniziarono trovarsi per pregare, riflettere e parlare nel
palazzo di Angelo Correr (vescovo di Castello, poi patriarca di
Costantinopoli ed infine papa Gregorio XII). Essi furono quindi accolti
da Lodovico Barbo nell’isoletta di San Grigio in Alga, dove
c’era un monastero agostiniano con pochissimi monaci. Qui il 30
ottobre 1404 costituirono la Congregazione di Canonici Secolari di
S.Giorgio in Alga. Il nome secolare stava a significare uno spirito ed
un atteggiamento aperto al mondo, basato sulla vita e la preghiera in
comune nel secolo, senza la costrizione ad una regola, con ampi spazi
riservati alla meditazione ed alla cura delle anime. Erano in 17 al
momento dell’approvazione pontificia fatta da papa Innocenzo III,
la maggior parte composta da nobili veneziani, tra i quali Antonio
Correr futuro cardinale, Gabriele Condulmer prossimo papa Eugenio IV e
appunto Lorenzo Giustiniani proclamato santo. Base della loro
spiritualità era la meditazione sulla vita di Cristo,
considerata il modo più efficace per il rinnovamento spirituale.
L’esistenza in comune e la povertà (andavano questuando
per la città) erano osservati senza legami di voti.
L’originalità di questa congregazione veneziana stava
nella sintesi di una vita devota, umile e solitaria, unita alla
solennità della vita corale, dell’ufficiatura, della
liturgia. L’umiltà di un modo di vivere nascosto e
semplice, era unita a una nobiltà di contegno e di
mentalità che prendeva molto dall’ambiente patrizio e
signorile, presente nella Veneta Repubblica, dal quale provenivano i
fondatori. L’avvicinamento all’ideale classico di vita
comune per dei chierici secolari, era abbinato al rigore di una
disciplina claustrale, che doveva essere più perfetta possibile.
Essi avevano saputo scegliere mezzi ed atteggiamenti
dell’esistenza religiosa, presenti nelle diverse correnti
spirituali del tempo, incanalandoli in modo che corrispondessero al
loro ideale. I Canonici si insediarono nelle più importanti
città dello "
Stado da Tera della Serenisima" (Padova, Vicenza, Verona, Brescia), e successivamente in Sicilia, in Portogallo ed in Africa.
Testi consultati:
- Silvio Tramontin – Venezia tra riforma cattolica e riforma
protestante – in: STORIA RELIGIOSA DEL VENETO, Gregoriana
Libreria Editrice, Padova 1991
- Domenico Agassi, www.santiebeati.it
- Enciclopedia www.wikipedia.it
- Sito dei Canonici Regolari Lateranensi