Arte |
Il gergo tecnico degli archeologi ha adottato questo termine latino semplicemente ad indicare un “secchiello”, a corpo troncoconico stretto in basso e provvisto di manico. Il materiale di cui è composto è quasi sempre il bronzo, oppure altro metallo che consenta un’agevole lavorazione; quasi mai è fittìle, cioè plasmato di terracotta.Nel caso delle situle venetiche troviamo, però, numerosi e significativi elementi distintivi. Innanzitutto l’arco di tempo in cui si sviluppò questa forma artistica è l’età del Ferro, dal 900 al 350 a.C., con il suo culmine intorno al VI secolo a.C.; il lavoro è eseguito su di una lamina bronzea su cui si realizzano i fregi con la tecnica dell’incisione “a bulino”, oppure anche “a sbalzo”, ossia facendo risaltare le figure in rilievo sulla facciata incavando l’altra con il cesello o con il martello. Nel suo complesso, questa tecnica è detta “toreutica”.I motivi decorativi sono distribuiti con un ordine preciso: a strisce orizzontali (di numero variabile, a volte ve n’è una circolare sul coperchio), con scene di vita quotidiana, solitamente cortei rituali, gare e banchetti, sfilate militari, altrimenti scene mitologiche con animali stilizzati oppure fantastici.Essendo capolavori assoluti, apprezzati come tali già nel tempo antico, le situle sono divenute il modello ideale, “l’archetipo”, dello stile artistico venetico.I lineamenti assai caricati dei volti, i capi d’abbigliamento riprodotti, il tipo di figure, soprattutto l’atmosfera soprannaturale e sacra che vi aleggia, sono forme così particolari ed incredibilmente simili le une alle altre da formare un “marchio di fabbrica” anche per altri manufatti: elmi, foderi di spade, fibule, cinturoni, statuette, lamine votive.L’anima dell’arte delle situle resta, in ogni caso, la religione e, segnatamente, l’idea mistica della Vita Ultraterrena.
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Il reperto-simbolo della Civiltà di Este è la situla Benvenuti, risalente alla fine del VII secolo a.C., ritrovata ad Este in via S. Stefano. Le figure sono distribuite in tre fasce, la prima con scene rituali, la seconda a carattere mitologico, la terza con episodi guerreschi (print Artegrafica Sociale).
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Particolare della situla Benvenuti che illustra un nobile veneto intento alle libagioni. Particolari caratteristiche sono i lineamenti marcati del volto ed i capi d’abbigliamento: il particolare copricapo, il manto rigido di lana decorato con borchie e gli stivali con punta all’insù. Sul trono appaiono in rilievo due rosette che simboleggiano le forze della natura in chiave magico-astrale (foto Luciano Fincato - Editoriale Programma).
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Altro particolare della situla Benvenuti illustrante le cure dedicate ad un cavallo, forse la ferratura o l’applicazione della bardatura. Un gran numero di reperti pone la figura equina in primo piano nella tradizione culturale dei Veneti antichi: fonte di ricchezza e di prestigio nell’allevamento e nell’addestramento, risorsa militare, ma anche essere soprannaturale che spinge il carro del defunto all’Aldilà(foto L. Fincato - EditorialeProgramma).
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La situla della Certosa è dell’inizio del V secolo a.C. ed è stata reperita nella zona di Bologna. Il reperto è ascrivibile alla Cultura di Villanova, diffusa in Emilia-Romagna. Questa Cultura manifesta nel primo periodo caratteri marcatamente venetici per assumere nelle fasi successive un influsso tipicamente etrusco. Quattro le fasce di decorazioni; la prima rappresenta una sfilata militare, la seconda un corteo funebre con nobili ammantati e con cappello a larghe falde, con sacerdotesse che portano materiali sacri e con inservienti che conducono animali sacrificali e che trasportano recipienti di vino. La terza fascia raffigura altri rituali, la quarta una serie di animali: un cervo, lupi, leoni alati mitologici (Santerno Edizioni s.a.s.).
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Particolare della situla della Certosa: due nobili veneti suonano strumenti musicali tradizionali, una cetra ed una siringa (flauto di Pan), seduti su di un divano mentre due danzatori saltano sulle spalliere a forma di testa di lupo (Bompiani).
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La situla di Vace (Slovenia) è del V secolo a.C.; le figure sono distribuite in tre fasce, di cui la prima mostra un solenne corteo di cavalli, cavalieri e carri, la seconda una serie di scene sacre con sacerdoti e sacerdotesse, la terza una fila di animali meravigliosi (Editiones Veneti).
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Particolare della situla di Vace (Slovenia) che esprime una grande sacralità, tanto per la postura e l’atteggiamento delle figure umane, quanto per il loro abbigliamento; salta agli occhi l’incredibile somiglianza del copricapo sacerdotale con il corno dogale usato sino all’alba del XIX secolo d.C. dal Doge e dalla Dogaressa, capi dello Stato veneto. Solo un forte senso di conservazione e di continuità può aver indotto i Veneziani a mantenere l’uso di questo indumento. Di forma non dissimile appaiono il “berretto frigio” ed un tipo di elmo conico usato dai Veneti e dai Celti (foto Rosario Palese - Editoriale Domus S.p.A).
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Parte centrale del fodero di bronzo a decorazione incisa, dalla tomba n. 994 di Hallstatt (Alta Austria), risalente alla seconda metà del V secolo a.C.; dal nome di questa località nel cuore del Salzkammergut prende il nome la Civiltà di Hallstatt, che diede l’avvio all’età del Ferro. Questo piccolo centro sorge sulla riva scoscesa del lago omonimo ed in origine era raggiungibile solo per via d’acqua. Circa verso il 1500 a.C. ebbe inizio lo sfruttamento in grande stile dei giacimenti di salgemma (hall- indica proprio il sale). La base della potenza di questa civiltà consisteva nell’attività estrattiva di rame e salgemma, nonché in quella metallurgica; esistevano fonderie, fattorie per l’approvvigionamento dei minatori, una rete di mulattiere per il trasporto di manufatti metallici anche verso Meridione e si sono ritrovate circa 2000 tombe nei dintorni, a testimoniare l’importanza del sito. La presenza di tombe celtiche presso gli snodi viari nelle Alpi non è di per sé sufficiente a dimostrare che i Celti si fossero imposti come ceto dominante sui Veneti hallstattiani, tutt’al più documenta la presenza di artigiani e mercanti di stirpe celtica. I Celti intorno al V secolo a.C. secolo avanzarono da ovest tutt’intorno alle Alpi, assumendo il controllo del commercio da cui dipendeva anche la produzione del ferro; tuttavia l’analisi dei reperti, presenti anche nell’altipiano di Dürrnberg (verso Salisburgo), dimostra la netta prevalenza dell’elemento venetico. Ne è un esempio eloquente il fodero in figura, che rappresenta una classica parata militare consueta nell’arte delle situle (Bompiani).
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Vedi didascalia precedente (Bompiani).
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La situla Boldù-Dolfin risale al IV secolo a.C. ed è stata scoperta in località Morlungo; anch’essa è rappresentativa della Civiltà atestina (foto Luciano Fincato - Editoriale Programma).
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Questa è la situla di Vizace/Nesactium, un castelliere fortificato nei pressi di Pola, Istria meridionale; di essa restano solo alcuni importanti frammenti. L’immagine evidenzia caratteri tipici dell’arte delle situle, come lo stile figurativo, ed elementi caratteristici dei Veneti antichi come l’uso del carro e la sacralità del cavallo. Questo reperto è attribuibile alla produzione locale e si conferma così l’appartenenza degli Histri al ceppo venetico. Questo popolo divenne famoso per la epica resistenza sostenuta contro i Romani. Nel 178 a.C. il console A. Manlio Vulsone marciò con parecchie legioni (si parla di 23.600 uomini) contro gli Histri che stavano ostacolando il potenziamento della colonia di Aquileia. Re Epulone, da poco eletto, dopo due anni di scontri, subì una grave sconfitta, mantenendo il controllo della capitale Vizace e di altre cittadelle fortificate (castellieri) che difendevano l’Istria. Non potendo più reggere all’assedio, decise con altri capi di gettare dalle mura i corpi di mogli e figli, ed egli stesso si trafisse il petto con la spada piuttosto che arrendersi (Turistkomerc - Museo Archeologico dell’Istria).
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Disegno di C. Tedeschi relativo a parte del corredo della tomba n. 38 a Este, con la situla Capodaglio (foto Luciano Fincato - Editoriale Programma).
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Coperchio di situla in bronzo con figure mitologiche di animali incise e raffigurate a sbalzo; ritrovamento fatto ad Este in via S. Stefano risalente al VI secolo a.C. (Archivio del Museo Nazionale Atestino).
Edoardo Rubini
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