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Il Diritto Veneto
Per un amplissimo arco di tempo - dagli albori del Medioevo, fino all'avvento dei processi di codificazione che, specie nell'Ottocento, accompagnarono la creazione dei singoli ordinamenti giuridici da parte di ogni Stato - quasi tutto il mondo occidentale si resse su di un fondamentale assetto giuridico: nelle singole terre e città vigevano gli Statuti, compilazioni composte da un insieme di norme di varia natura, prodotte localmente sulla scorta di consuetudini. Il diritto statutario veniva poi integrato in modo massiccio dal Ius Commune, formato in massima parte da leggi romane e canoniche.

Per quanto riguarda il "diritto veneto", con tale definizione si intende l'ordinamento che ebbe vigenza nella Veneta Serenissima Repubblica: anch'esso si formò sotto forma di statuto, tuttavia vantò la prerogativa di escludere il diritto romano persino come fonte integrativa, prevedendo al suo interno criteri per integrare le proprie lacune e producendo sempre nuove disposizioni.

Sino ad oggi si è pensato che l'originalità di tanti principi giuridici adottati in terra veneta fosse dovuta alle esigenze peculiari dell'aristocrazia locale, non considerando che lo Stato si limitava a recepire - attraverso le magistrature - le regole che la società veneta aveva maturato con l'uso nel corso del tempo.

È oggi possibile confutare la tesi ufficiale che, senza fare alcun distinguo, presuppone la vigenza generalizzata del diritto romano nelle Venetiae durante l'Evo Antico; in epoca imperiale alcuni istituti di diritto pubblico di matrice romana ebbero applicazione tra i Veneti, ma ben poco si è indagato per verificare la sopravvivenza anche nei secoli I-V d.c. di fondamentali organi di derivazione locale, quali le assemblee popolari, che certamente furono attive tra i Veneti antichi sin dall'Età del Bronzo. A maggior ragione, quando nei secoli VI, VII e VIII cadde la sovranità imperiale di Roma, i Veneti perpetuarono le loro tradizioni giuridiche, riuscendo a potenziarle e a ripristinare pienamente il proprio diritto pubblico.

Dopo il Mille Venezia consolida la sua compagine statuale articolandola nei vari organi. Su questo punto sarebbe tutta da rivedere l'impostazione consueta (solo in minima parte accolta da Maranini) che riconduce l'evoluzione costituzionale dello Stato veneto nell'alveo dell'esperienza comunale tipica del Medioevo: basti solo pensare alla distanza siderale che divide la figura del Doge da quella del podestà, a partire dalla durata breve e predefinita della carica di quest'ultimo.
"Anche il doge veneziano ha il dovere della neutralità di fronte alle lotte di parte, ed è non meno del podestà limitato e controllato. Ma, lungi dal rappresentare come il podestà quasi la personificazione tangibile di un assoluto liberalismo, della indifferenza cioè dello Stato di fronte alle diverse correnti sociali e ideali, il doge veneziano è l'espressione caratteristica di una determinata ideologia, di una determinata politica. Non è uno straniero, che dia affidamento di essere estraneo allo spirito del luogo; al contrario è un cittadino veneziano, anzi un membro, scelto sempre fra i più sicuri e provati, di quella classe aristocratica che intende consolidare e perpetuare il suo dominio, facendo della sua grandezza la grandezza di Venezia. Ciò è della massima importanza, poichè ogni istituto ha non solo un valore materiale ed immmediato, dovuto alle funzioni che è chiamato ad assolvere, ma assume anche un valore più alto e maggiore ... in ragione dei principi etici, sociali, politici dei quali costituisce una proclamazione e una attuazione tangibile" (Maranini, La Costituzione, I pp. 164-165).
Insomma, i Veneti fondarono un proprio autonomo ordinamento (inteso come Stato e leggi) sulla base dell'identità nazionale consolidatasi nei millenni, mentre un simile processo non ebbe luogo presso tanti altri popoli, privi di basi altrettanto salde. Avvantaggiata dal non aver subito nè i condizionamenti del sistema feudale, né la subalternità al Sacro Romano Impero, la Veneta Serenissima Repubblica segue nella storia una strada tutta sua, riconoscendo come unica fonte giuridica valida le leggi da essa statuite e concependo il diritto come elemento fondante della sua sovranità.
 
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